Parigi, Anni ’60. Il rivoluzionario (cineasta) Jean-Luc Godard è impegnato con le riprese del film “La Cinese” (1967), la cui giovane protagonista Anne Wiazemsky è da poco diventata sua moglie. La loro relazione sentimentale – tanto appassionata quanto complicata – passerà attraverso il vortice del movimento del ’68, della propaganda maoista e delle proteste contro la guerra del Vietnam; venendone, costantemente, messa in discussione.
A sei anni di distanza da “The Artist” (2011) – vincitore di 5 Premi Oscar, tra cui Miglior Film – e a tre da “The Search” (2014), Michel Hazanavicius è tornato in competizione al Festival di Cannes di quest’anno, con “Il Mio Godard (Redoubtable)”, uscito la settimana scorsa in Italia, distribuito da Cinema.
Dopo aver omaggiato la Hollywood del cinema muto, nel film con Jean Dujardin – Miglior Attore proprio sulla Croisette, per l’interpretazione – il regista e attore francese si è immerso, nuovamente, nel mondo della Settima Arte con questo biopic su un’icona della Nouvelle Vague e della storia della cinematografia stessa: Jean-Luc Godard.
Per raccontarlo, si è servito del punto di vista dell’attrice, seconda moglie del Maestro, Anne Wiazemsky, che nell’autobiografia “Un An Après” – trasformata, poi, in sceneggiatura – descrive l’Uomo che ha sempre amato dietro al Regista che ha sempre stimato e il loro turbolento rapporto.
L’opera che vediamo sul grande schermo, in realtà, è più sberleffo che celebrazione dell’autore di pietre miliari come “Fino all’Ultimo Respiro” (1960) e “Il Disprezzo” (1963) – citate esplicitamente – e dell’uomo geloso, dalla difficile personalità, visto con gli occhi di Anne e ritratto in modo, a tratti, caricaturale da Hazanavicius.
E pensare che il vero Godard non era molto entusiasta del progetto e lo aveva, addirittura, definito “un’idea molto stupida”. La pellicola, invece, è piuttosto godibile e soddisfacente.
Il merito non è solo del regista – capace di contestualizzare un momento storico fatto di tumulti e mutamenti politici, filosofici e artistici; analizzandolo spesso attraverso l’ironia della satira – ma anche e, soprattutto, del protagonista Louis Garrel, che regge benissimo il peso del ruolo, nella sua performance più convincente e ambiziosa.
L’attore, figlio d’arte, si mette del tutto a servizio della visione di Hazanavicius, vestendo i panni del Godard che lui ha in mente, smitizzandolo e dimostrando una mimica, una comicità e un talento interpretativo notevoli.
Al suo fianco, nei panni della Wiazemsky, c’è la Stacy Martin di “Nymphomaniac” (2013) – che, pur rimanendo in ombra rispetto a Garrel, dona bellezza ed eleganza non indifferenti al suo personaggio – e l’immancabile Bérénice Bejo, compagna di vita del regista Premio Oscar.
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